Le ultime notizie sono incoraggianti sulle pensioni, si attende un aumento delle pensioni minime dal Governo Meloni.
Tra le tante novità che si susseguono in ambito previdenziale, la prossima legge di Bilancio 2025, potrebbe contenere un aumento delle pensioni minime portando l’importo a 621 euro a fronte degli attuali 614,77 euro.
La motivazione dell’aumento riguarda l’inflazione e non solo, il grande passo avanti per i pensionati che si trovano in difficoltà.
Novità pensioni e nuovi importi dal 2025
Nel 2024 le pensioni minime sono state aumentate nel 2024 tramite la legge di Bilancio 2023, l’importo attuale è pari a 614,77 euro. Secondo indiscrezioni, il Governo Meloni punta ad aumentare le pensioni minime per effetto dell’inflazione. L’importo dal primo gennaio 2025 potrebbe arrivare a 621 euro.
Oltre all’aumento delle pensioni minime, il Governo è allo studio su incentivi per i lavoratori che hanno i requisiti per la pensione anticipata, ma decidono di restare a lavoro. In realtà, oggi esiste il cosiddetto bonus Maroni che consente ai lavoratori che, rinunciano alla pensione anticipata, di percepire un importo più alto in busta paga derivante dai contributi e rinunciando all’accredito sul montante pensionistico. Questa misura non è ben vista dai lavoratori in quanto risulta poco conveniente a livello fiscale. Hanno sfruttato il bonus Maroni solo un centinaio di lavoratori.
Il Governo Meloni per rendere il bonus più appetibile, starebbe valutando varie soluzioni che prevedono l’esenzione fiscale o una riduzione della tassazione. Inoltre, studia l’accredito figurativo dei contributi del bonus, per coloro che hanno raggiunto 42 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall’età anagrafica.
Sempre in tema di riforma pensioni, allo studio la rimodulazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) con il conferimento nella previdenza complementare tramite il “silenzio-assenso”. La proposta presentata al Governo che dovrebbe confluire nella legge di Bilancio 2025, prevede che una quota del TFR, circa il 25% venga automaticamente destinata ai fondi pensione complementari.
Il lavoratore ha la possibilità di opporsi a questa misura entro sei mesi. La misura si applica ai nuovi assunti ma anche ai lavoratori già in servizio che non hanno ancora conferito il TFR. Anche in questo caso il lavoratori possono scegliere dichiarando in modo esplicito la loro decisione.
Inoltre, il dipendenti del settore pubblico potranno rimanere in servizio anche dopo aver compiuto 65 anni e maturato un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi. I dipendenti potranno rimanere in servizio solo su richiesta volontaria.
Questa soluzione permetterà di incentivare il prolungamento della vita lavorativa per garantire la continuità del know-how, inoltre, risolverebbe il passaggio di consegne nelle P.A.