E sì, la legge prevede situazioni in cui il TFR si perde del tutto o non può essere ereditato completamente dagli eredi.
Il trattamento di fine rapporto (TFR) è un diritto che i lavoratori accumulano durante il loro periodo di impiego. Il datore di lavoro accantona ogni mese una certa quantità di denaro per il lavoratore (il 7,4% della retribuzione lorda annuale). La somma di questi importi viene poi corrisposta al lavoratore alla fine del rapporto di lavoro. E poco cambia se questa fine sia dovuta a licenziamento, dimissioni, pensionamento o morte. Ecco, quando il lavoratore muore, per esempio, il TFR viene distribuito tra gli eredi legittimi in base alle quote ereditarie stabilite dal Codice Civile.
Non è sempre così. Ci sono infatti alcune fattispecie in cui il TFR si perde. Nel senso che può decadere come diritto e quindi non può più essere ereditato completamente dagli eredi. Di base ci sono tre casi generali in cui il TFR può essere perso.
Il primo è quello dell’assenza di eredi. Infatti, se il lavoratore deceduto non ha eredi, il TFR non può essere ereditato e quindi si perde (se lo prende lo Stato). L’altro caso è quello, non così diffuso, della rinuncia all’eredità. Succede quando gli eredi rinunciano all’eredità, compreso il TFR, in alcuni casi specifici (ma non per esempio quando l’eredità è gravata da troppi debiti, dato che il TFR non rientra nei beni testamentari). Il terzo caso è quello della prescrizione. Se non viene richiesto entro un certo periodo di tempo (per la legge, dieci anni), il diritto al TFR può prescriversi e non essere più recuperabile!
Quando ci sono eredi, il TFR viene distribuito tra di loro in base alle quote stabilite dalla legge. Tali quote non sono fisse ma possono variare a seconda della relazione con il defunto. Quindi bisogna capire se il defunto era coniuge, genitore, figlio, fratello, eccetera. La fattispecie è indicata dall’articolo 2122 del Codice Civile, secondo cui alla morte del dipendente il datore di lavoro del defunto deve corrispondere il TFR al coniuge, poi ai figli, e in loro assenza ai parenti entro il terzo grado (se conviventi e a carico del lavoratore) e agli affini entro il secondo grado (sempre se conviventi e a carico del lavoratore).
E se questi soggetti indicati non ci sono, l’indennità del TFR deve essere distribuita secondo la successione legittima o il testamento. Comunque, la rinuncia all’eredità non pregiudica il diritto a ricevere una quota del trattamento. E allo stesso modo l’accettazione del TFR non comporta l’accettazione dell’eredità e dei suoi debiti. Di base, il lavoratore non ha completa libertà nel lascito del trattamento: anche se compila un testamento non può decidere di destinare il TFR a Tizio o Caio ignorando le quote.
Se alcune di queste persone indicate come possibili beneficiari dalla legge (oltre a coniuge e figli) sono presenti non è possibile decidere autonomamente sull’eredità del TFR. Un testamento, allora, non sarebbe nemmeno preso in considerazione per la ripartizione del TFR. E dunque? Fondamentalmente, è importante essere informati su questi aspetti per garantire che i diritti siano rispettati e che gli eredi sappiano come procedere per ottenere il TFR in caso di decesso del lavoratore.
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